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Oggi celebriamo settantaquattro anni dalla Liberazione dell’Italia dal regime fascista, dalla dittatura, dall’annullamento degli esseri umani, dalla negazione della diversità e della libertà.

La libertà, parola abusata, maltrattata, denigrata e resa superficiale, che tutti usano ma pochi comprendono perché ne hanno perso il ricordo, la storia, il senso reale.

Settantaquattro anni fa uomini e donne di diversa età, ceto sociale, idea politica, lottavano contro qualcuno che quella libertà l’aveva tolta loro e stava cercando di toglierla al mondo; nella diversità, il riconoscimento reciproco come compagni, esseri umani con un desiderio comune che lottano insieme, portava alla liberazione.

È grazie a loro se oggi siamo liberi. Eppure noi non sappiamo più cosa voglia dire. Oggi siamo diventati liberi di chiudere i porti e far morire esseri umani in mare, liberi di sgombrare i campi rom, liberi di armare i cittadini, liberi di esprimere idee fasciste in pubblico e di essere applauditi, liberi di non garantire uno stato sociale, liberi di curare gli interessi privati e non le persone, liberi di giustificare aggressioni e violenze.

Siamo diventati liberi di non essere liberi affatto, perché ci siamo liberati della nostra umanità.

Tutti gli esseri umani, dalla nascita e ancora prima, sono ed esistono perché in rapporto con altri, ogni nostra azione, pensiero, condizione, sentimento si realizza sempre all’interno di un rapporto. Noi nasciamo liberi, uguali gli uni agli altri, perché tutti capaci di amare, di avvicinarci agli altri, di sentire e scambiare affetti, senza barriere e contrapposizioni.

Questa “libertà di essere”, di “essere in rapporto con”, spesso nel corso della vita la mettiamo da parte perché il mondo intorno a noi e le nostre esperienze personali ci confermano che aprirci, rapportarci, incontrarci sia mostrarsi fragili, “stupidi”, sia esporci all’aggressione; questo mondo di non-rapporto, contro tutto e tutti, ci insegna solo ad essere “liberi di difenderci”, ci insegna una libertà che non è libertà, ma prigione, che non è naturale, non è umana, al contrario ci allontana dagli altri e nega quella che per ognuno di noi è stata nascita, vita, rapporto, verità.

Oggi è il 25 aprile e festeggiamo la Liberazione dell’Italia come ricordo di un momento in cui è stato possibile dire “No” a questa prigione in cui ci hanno e ci siamo intrappolati, alla disumanità, all’odio per il diverso, alla guerra, alla sopraffazione dei più deboli, alla perdita di quel mondo di affetti troppo spesso definito “stupido”.

Il modo migliore per farlo è restare vivi e rifiutare tutto quello che ancora oggi allontana gli uomini dalla loro umanità; rifiutare chi dice che libertà è “essere contro” e togliere agli altri il diritto di essere liberi, chi dice che libertà è sopraffazione, voltarsi dall’altra parte, esibire la propria forza e costringere gli altri a soccombere, applicare la legge del più forte, affermare “faccio come voglio io”.

Il modo migliore per farlo è che quel “faccio come voglio io”, quel “voglio” non sia prevaricazione ma desiderio, espressione di una libertà che è umanità, rapporto, partecipazione, inclusione, condivisione di affetti, certezza della propria identità e riconoscimento dell’altro.

Questo è il 25 aprile, questa è libertà.

Irene Calzoli

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