Da pochi giorni l’Italia è zona rossa. Le misure restrittive, fino alla settimana scorsa in vigore unicamente al Nord, sono state estese in tutto il Paese. Sulla scia dello “state a casa”, spaventati e impreparati, gli italiani corrono ai ripari come possono, organizzandosi con il lavoro, con le famiglie, con la vita che, improvvisamente, cambia. Uno ad uno i negozi sotto casa, la palestra dietro l’ufficio, il bar preferito chiudono. Dalle finestre delle case, la vista al di là del vetro è faticosa: ci colpisce vedere le strade deserte, le attività commerciali chiuse, le serrande abbassate. Proviamo amarezza quando leggiamo i cartelli affissi «chiuso per ferie», perché le ferie ci richiamano le vacanze estive, ci riportano con il pensiero al Natale quando eravamo bambini, ai periodi di festa, di divertimento, di leggerezza. Di leggero, oggi, c’è ben poco. Il panico, la paranoia, l’impotenza ci colpiscono allo stomaco e lentamente un senso di vuoto ci assale. Cose semplici, come ad esempio camminare per strada, che fino a ieri era un gesto banale, scontato, spesso anche sottovalutato, oggi appare spaventoso e pericoloso. Qualche giorno fa avremmo gioito nel trovare facilmente parcheggio, eppure oggi ci sembra così sbagliato. E quelli che non reggono il peso dell’angoscia si distraggono, follemente, tra aperitivi e serate social.